Rodotà. La Lettera a Repubblica

201304161245-800-Stefano-Rodotà«Caro direttore,
non è mia abitudine replicare a chi critica le mie scelte o quel che scrivo. Ma l’articolo di ieri di Eugenio Scalfari esige alcune precisazioni, per ristabilire la verità dei fatti.

E, soprattutto, per cogliere il senso di quel che è accaduto negli ultimi giorni. Si irride alla mia sottolineatura del fatto che nessuno del Pd mi abbia cercato in occasione della candidatura alla presidenza della Repubblica (non ho parlato di amici che, insieme a tanti altri, mi stanno sommergendo con migliaia di messaggi). E allora: perché avrebbe dovuto chiamarmi Bersani? Per la stessa ragione per cui, con grande sensibilità, mi ha chiamato dal Mali Romano Prodi, al quale voglio qui confermare tutta la mia stima. Quando si determinano conflitti personali o politici all’interno del suo mondo, un vero dirigente politico non scappa, non dice «non c’è problema », non gira la testa dall’altra parte. Affronta il problema, altrimenti è lui a venir travolto dalla sua inconsapevolezza o pavidità. E sappiamo com’è andata concretamente a finire.

La mia candidatura era inaccettabile perché proposta da Grillo? E allora bisogna parlare seriamente di molte cose, che qui posso solo accennare. È infantile, in primo luogo, adottare questo criterio, che denota in un partito l’esistenza di un soggetto fragile, insicuro, timoroso di perdere una identità peraltro mai conquistata. Nella drammatica giornata seguita all’assassinio di Giovanni Falcone, l’esigenza di una risposta istituzionale rapida chiedeva l’immediata elezione del presidente della Repubblica, che si trascinava da una quindicina di votazioni. Di fronte alla candidatura di Oscar Luigi Scalfaro, più d’uno nel Pds osservava che non si poteva votare il candidato “imposto da Pannella”. Mi adoperai con successo, insieme ad altri, per mostrare l’infantilismo politico di quella reazione, sì che poi il Pds votò compatto e senza esitazioni, contribuendo a legittimare sé e il Parlamento di fronte al Paese.
Incostituzionale il Movimento 5Stelle? Ma, se vogliamo fare l’esame del sangue di costituziona-lità, dobbiamo partire dai partiti che saranno nell’imminente governo o maggioranza. Che dire della Lega, con le minacce di secessione, di valligiani armati, di usi impropri della bandiera, con il rifiuto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con le sue concrete politiche razziste e omofobe? È folklore o agire in sé incostituzionale? E tutto quello che ha documentato Repubblica nel corso di tanti anni sull’intrinseca e istituzionale incostituzionalità dell’agire dei diversi partiti berlusconiani? Di chi è la responsabilità del nostro andare a votare con una legge elettorale viziata di incostituzionalità, come ci ha appena ricordato lo stesso presidente della Corte costituzionale? Le dichiarazioni di appartenenti al Movimento 5Stelle non si sono mai tradotte in atti che possano essere ritenuti incostituzionali, e il loro essere nel luogo costituzionale per eccellenza, il Parlamento, e il confronto e la dialettica che ciò comporta, dovrebbero essere da tutti considerati con serietà nella ardua fase di transizione politica e istituzionale che stiamo vivendo.

Peraltro, una analisi seria del modo in cui si è arrivati alla mia candidatura, che poteva essere anche quella di Gustavo Zagrebelsky o di Gian Carlo Caselli o di Emma Bonino o di Romano Prodi, smentisce la tesi di una candidatura studiata a tavolino e usata strumentalmente da Grillo, se appena si ha nozione dell’iter che l’ha preceduta e del fatto che da mesi, e non soltanto in rete, vi erano appelli per una mia candidatura. Piuttosto ci si dovrebbe chiedere come mai persone storicamente appartenenti all’area della sinistra italiana siano state snobbate dall’ultima sua incarnazione e abbiano, invece, sollecitato l’attenzione del Movimento 5Stelle. L’analisi politica dovrebbe essere sempre questa, lontana da malumori o anatemi.

Aggiungo che proprio questa vicenda ha smentito l’immagine di un Movimento tutto autoreferenziale, arroccato. Ha pubblicamente e ripetutamente dichiarato che non ero il candidato del Movimento, ma una personalità (bontà loro) nella quale si riconoscevano per la sua vita e la sua storia, mostrando così di voler aprire un dialogo con una società più larga. La prova è nel fatto che, con sempre maggiore chiarezza, i responsabili parlamentari e lo stesso Grillo hanno esplicitamente detto che la mia elezione li avrebbe resi pienamente disponibili per un via libera a un governo. Questo fatto politico, nuovo rispetto alle posizioni di qualche settimana fa, è stato ignorato, perché disturbava la strategia rovinosa, per sé e per la democrazia italiana, scelta dal Pd. E ora, libero della mia ingombrante presenza, forse il Pd dovrebbe seriamente interrogarsi su che cosa sia successo in questi giorni nella società italiana, senza giustificare la sua distrazione con l’alibi del Movimento 5Stelle e con il fantasma della Rete.

Non contesto il diritto di Scalfari di dire che mai avrebbe pensato a me di fronte a Napolitano. Forse poteva dirlo in modo meno sprezzante. E può darsi che, scrivendo di non trovare alcun altro nome al posto di Napolitano, non abbia considerato che, così facendo, poneva una pietra tombale sull’intero Pd, ritenuto incapace di esprimere qualsiasi nome per la presidenza della Repubblica.

Per conto mio, rimango quello che sono stato, sono e cercherò di rimanere: un uomo della sinistra italiana, che ha sempre voluto lavorare per essa, convinto che la cultura politica della sinistra debba essere proiettata verso il futuro. E alla politica continuerò a guardare come allo strumento che deve tramutare le traversie in opportunità.»
(Repubblica, 22 aprile 2013)

(3989 visualizzazioni)
Allora anche Dante sessista?

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
dante

Non è giustificabile in alcun modo che Battiato, al Parlamento Europeo nella sua veste di Assessore alla Cultura della Regione Sicilia, si sia espresso in modo così sguaiato e inaccettabile sul Parlamento italiano: nella forma, e nell’uso ignorante di un termine a dir poco sottoculturale. battiatoPeccato però che le donne, nel suo infelice discorso, non c’entrassero niente (non è vero, come riporta Repubblica, che Battiato «aveva definito “xxxxx” le Parlamentari italiane). Si riferiva invece ai politici, uomini e donne, che mercanteggiano cariche per denari proprio come fin dal Medio Evo avviene nei bordelli, dove il sesso diventa solo una squallida merce a pagamento (con relativo sfruttamento e schiavismo delle donne). E così è stato nel nostro Parlamento e nel nostro Governo: una sfilza di indagati e un’altra sfilza di venduti che saltavano da uno schieramento all’altro. Per non parlare di personaggi squallidi non eletti da noi, ma inseriti nei vari listini bloccati di partito e obbedienti al capo come soldatini/e. O anche ministri/e senza qualifica che hanno fatto fare leggi dannose (Scuola), o nel migliore dei casi inutili (Violenza e Stalking). Dante proseguiva, nel VI Canto del Purgatorio, con un’altra terzina: Cerca, misera, intorno da le prode le tue marine, e poi ti guarda in seno, s’alcuna parte in te di pace gode. Che val perché ti racconciasse il freno Iustiniano, se la sella è vòta? Battiato non è come Dante un maestro delle invettive, è soltanto un maestro di vertiginose canzoni. Meglio che si istruisca sul vocabolario di genere (come la maggior parte degli uomini e dei politici, peraltro). Ma voleva dire malamente la stessa cosa. Ovvero Povera patria, titolo appunto di una sua celebre canzone (qui un video di musica e immagini storiche).

(3657 visualizzazioni)
Avviso ai governanti

italiaA tutti i governanti di questo Paese, con particolare attenzione per quelli che da domani avranno il compito di rimettere in squadra questa Lombardia offesa per tanti anni dal potere: quel potere diventato una parola bruttissima se usato come il sostantivo dei Palazzi, ma che invece è il più bel verbo della seconda coniugazione, da sempre supportato dalla saggezza popolare del proverbio «Volere è potere». Che cosa vorranno fare i nostri prossimi governanti, dopo aver festeggiato una vittoria dolce come il miele? Un paio di consigli:

  1. non cominciassero a dirci che “non ci sono soldi”, perché dopo tutti gli scandali a cui abbiamo assistito non ci crederemmo più: la politica non è quanto denaro si ha a disposizione, ma come si decide di spenderlo, proprio come ogni buona madre di famiglia ben sa e sa fare.
  2. si attivassero invece subito per il cambiamento radicale di un’economia artificiale che ci sta distruggendo, trasformandola con regole più vicine agli esseri umani (non solo in senso metaforico, ma anche fisico e geografico): facilitando prassi virtuose a favore di una moltidudine di cittadini di ogni età bisognosi e disposti a lavorare per il benessere collettivo.

Per cominciare subito a governare bene, riparando i guai del passato, i nostri governanti dovranno essere umili e istruirsi: magari cominciando con un libro-manifesto che si intitola Economia dell’abbastanza scritto da una certa Diane Coyle che è stata Consigliere del Tesoro In Gran Bretagna. Quindi non si tratta di un testo rivoluzionario, semmai anche troppo politically correct: ma è solo per cominciare (qui per ordinarlo su Amazon e qui un’ottima recensione di Federico Rampini su Repubblica).Coyle_Economia-abbastanza

Il libro suggerisce di puntare su 5 parole d’ordine: Felicità, Natura, Equità, Fiducia, Prosperità. E spiega come ricostruire una confidence collettiva possibile, rifondando un’economia di mercato sana perché governata da un robusto sistema di valori morali. Qui un’intervista via Skype con Diane Coyle, per farsi convincere che questa è l’unica rotta percorribile. «Uomo avvisato, mezzo salvato», recita un altro proverbio. Navigare a vista, in questo momento, non sarebbe soltanto rischioso: peggio, sarebbe un comportamento colposo e forse anche doloso che porterebbe la barca a scogli.

(3540 visualizzazioni)