Basta la lettura di questo libro a scardinare per sempre tutta la retorica delle mimose che si è consumata per anni ad ogni angolo di strada, nelle pizzerie, nei finti salotti di convenienza politica quando Berlusconi era al Governo. Troppo facile. È tutto ben spiegato e raccontato da Ida Dominijanni, fino a qualche anno fa editorialista del Manifesto, e adesso research fellow alla Society for the Humanities di Ithaca, negli Stati Uniti. Le fa eco due giorni fa l’opinione di un’altra importante femminista storica come Lea Melandri su Internazionale in un post intitolato «Contro l’8 marzo» in cui afferma: “Oggi, di fronte ai rimasugli penosi che escono dalle radio, dalle televisioni e dai giornali, (…) ho un desiderio forte e deciso: che non se ne parli più; che nessuna data venga d’ora innanzi a fare da velo a uno dei rapporti di potere che oggi, molto più che in passato, appare scopertamente come la base di tutte le forme di dominio che la storia ha conosciuto, nella nostra come nelle altre civiltà;”.
Il Trucco svela tanti aspetti non dibattuti dai media mainstream, primo tra tutti «il tentativo di restaurazione modernizzata dei ruoli sessuali tradizionali» che hanno caratterizzato tanto «il regime di godimento di Berlusconi» (godimento finto e dannoso, ndr), quanto «il regime del rigore dei successivi esperimenti di governo (e tantopiù l’oscillazione fra i due che sembra caratterizzare il governo Renzi)».
Vengono in mente le Ministre Carfagna, Gelmini. E poi Fornero, Cancellieri. Infine Boschi, Madia, Bonafè e tutte le deputate che sembrano recitare a memoria la parte nei talk show televisivi per rappresentare il Capo (il famoso capo carismatico di Marcuse? mah) di una supposta scena politica post-patriarcale sempre più uguale nella sua ingiustizia neoliberista, non morale, discriminatoria.
Ricordo di aver scritto qualcosa di simile per l’8 marzo di due anni fa in omaggio alla cara Isotta Gaeta, donna coraggiosa che ha per sempre un posto speciale nel mio cuore perché mi ha insegnato tanto. Evidentemente, non è cambiato niente. Per fortuna ci sono queste pensatrici, che rievocano la preziosa eredità «della politicizzazione del personale, dell’etica del desiderio, della rivoluzione dei ruoli sessuali, dell’affermazione del nesso fra sessualità e politica messe in campo dalle soggettività ribelli». Viva l’intelligenza, al femminile. E buona lettura.