Ultimamente ho comprato tante fragole, che sono buone e fanno molto bene alla salute. Mi è capitato di comprarle al mercato e talvolta al supermercato (purtroppo) dove le prendo bio anche se costano quasi il doppio: ma le altre o sono spagnole (vade retro! è il Paese che usa le più alte percentuali di pesticidi e concimi chimici in agricoltura) o sono italiane ma sembrano di plastica e infatti non hanno nessun profumo. In ogni caso, bio o non bio, il giorno dopo erano già un po’ marcette, e quindi lo scarto quasi della metà. Poi ho provato invece a comprare fragole, sempre bio o non bio, provenienti da coltivazioni delle campagne vicino a Milano: strano vero? Non ci si penserebbe che intorno alla metropoli ci sono un sacco di realtà agricole che non chiederebbero di meglio di poter vendere i loro prodotti in città: ma non soltanto negli sporadici mercatini, che bisogna andare a pescare come alla lotteria nei posti e nei tempi più astrusi.
Questa cassetta di fragole, che ho preso ieri appunto in un posto astruso, stamattina inondava la cucina di un profumo che mi ha ricordato tempi antichi: oggi ci farò una bella macedonia (con succo di mela e foglie di menta, squisita!) poi magari anche un rapida marmellata da consumare nei prossimi giorni a colazione; vien proprio voglia di catturare le proprietà organolettiche che i frutti freschi possiedono, abituati come siamo a mangiare quelli che sembrano di plastica dopo aver fatto lunghi viaggi e soste in grandi magazzini dove vengono trattati o anche irradiati/aromatizzati/gasati per maturare artificialmente e poi mantenere la loro finta freschezza. Queste invece arrivano da Cassina de’ Pecchi, hinterland milanese verso est.
Allora mi chiedo: ma perché nessuno pensa di fare politiche agricole che facilitino il commercio dei buoni frutti della terra, in modo da creare distretti urbani e periurbani efficienti? Non ci vorrebbe molto. Perché non si è pensato, anche a livello locale, che Expo sarebbe stata l’occasione perfetta per costruire questa rete di relazioni economiche virtuose? La risposta non sta soltanto negli scandali di questi giorni per gli arresti dei responsabili Expo. Ma nella mancante volontà da parte dei nostri decisori pubblici di lasciare ai cittadini una Milano migliore, dopo un’inutile kermesse di grandi opere – a dir poco discutibili – che fin da ora si sta rivelando soltanto dannosa per la Città. E invece, quante belle cose si sarebbero potute fare spendendo molto meno.
(nelle foto: l’ExpoGate di piazza Castello
e la bara che dovrebbe essere un Ufficio Informazioni in piazza San Babila)