Questa volta ero sicura di avere tutto (moduli compilati, copia del pagamento in banca, fotocopia documenti, bolli e controbolli aggiuntivi) secondo le istruzioni dell’impiegato piacione che ho già descritto su Facebook l’altroieri raccontando la 1a puntata della mia avventura all’Agenzia delle Entrate di Milano. Quella di oggi è la 2a, e cioè La Vendetta. Perché quando arrivo, lo sportello della corsia riservata a chi deve registrare un contratto d’affitto è vuoto: non c’è nessuno, l’impiegato piacione scomparso. Essendo pieno orario di ricevimento del pubblico, chiedo lumi alle colleghe del bancone informazioni a fianco:
– Scusi, non c’è nessuno qui?
Nessuna risposta. Ripeto la domanda. Niente. Alzo il tono di voce: “SCUSI MI PUÒ RISPONDERE PERFAVORE, C’È QUALCUNO PER REGISTRARE UN CONTRATTO D’AFFITTO?”
– Signora, le rispondo quando dico io, non quando lo chiede lei (dice una delle tre addette alle prime informazioni al pubblico)
– COOOOSAAAA????? (rispondo aumentando i decibel al massimo per farmi sentire a quel punto da tutti gli altri astanti, in modo da creare un bel casus all’istante). Benissimo, mi dà il suo nome perfavore?
– Io non sono obbligata a darle nessun nome (mentre ogni impiegato di Ente Pubblico è tenuto a presentarsi su richiesta, tutti lo sanno).
A questo punto esce dal bancone la sua collega, che chiude la corsia riservata alle registrazioni apostrofandomi: “Si metta qui davanti alla coda delle richieste generali, lì allo sportello riservato non c’è nessuno” (intanto giustificate proteste delle persone in coda da un bel pezzo).
Riapro con le mie mani la corsia riservata – rimettendo al loro posto i piedistalli legati dai nastri – , e intanto dico, sempre a voce alta “Mi faccia parlare con un suo superiore, perfavore”, ottenendo l’immediato consenso degli astanti. Poi aggiungo: “Io sto qui e non mi muovo. Se non arriva qualcuno, chiamo i Carabinieri”.
Indovinate chi arriva? L’impiegato piacione! che si giustifica: “Non ti arrabbiare, sono qui, avevo finito il turno…” e subito verifica che (trionfo!) sono in possesso di tutti i documenti necessari. Dunque posso aspettare la chiamata allo sportello 15, codice scontrino JA50. Evviva! Ma prima gli dico che voglio parlare con qualcuno dei piani alti per denunciare l’accaduto. Tenta di dissuadermi, non ci riesce. Alcuni astanti dicono che possono testimoniare. Compila un foglio (questo qui a fianco), mi chiede un documento d’identità che mi autorizza a essere ricevuta dal Capo Area Vincenzo Caserta, e sono consapevole del fatto che rischio di perdere il mio turno allo sportello 15, ma non demordo: vado al 2° piano, e segnalo le due impiegate che si comportano in un Ufficio Pubblico come se fosse la loro panetteria personale. Aggiungo alla fine un apprezzamento per la buona volontà dell’impiegato piacione (“Ah, il Santino!” si chiama così, mi dice il signor Caserta). Pare sia il migliore.
Quando torno giù in sala d’attesa vengo accolta dal consenso empatico degli astanti: “Brava!”, “Eh, è l’Italia…”, “Guardi che non ha perso il turno, perché io ero prima di lei”, “Certo che siamo proprio messi male…”. Siamo messi male perché nessuno si ribella, dico io; le addette al bancone del pubblico adesso forse ci penseranno due volte prima di abusare del loro squallido micropotere, no? Siamo tutti qui per pagare le tasse, e paghiamo anche i loro stipendi. Annuiscono. “Sì sì, ha fatto bene!”.
Insomma, il mio contratto d’affitto è registrato, mi sembra un miracolo. In più, ho lavorato in favore della collettività. Con la soddisfazione di uscire dall’Agenzia delle Entrate come da un film dell’orrore. Ero proprio felice.
Arghhh, ne so qualcosa.
Fantastica, le lotte sono nel tuo DNA fin da ragazzina!